Sommario
EDITORIALE
di Riccardo Cascioli
PRIMO PIANO
L’Onnipotente all’opera
Quei segni “ingombranti” della presenza di Dio
di Luisella Scrosati
“Senza miracoli resta un Cristo dimezzato” Intervista a monsignor Nicola Bux
a cura di Stefano Chiappalone
Per grazia (non) ricevuta
di Riccardo Barile
DOTTRINA SOCIALE
La morte dell’Europa
di Riccardo Cascioli e Stefano Fontana
BIOETICA
L’embrione ridotto a cavia
di Tommaso Scandroglio
CATTOLICI & POLITICA
La Costituzione sull’altare
di Stefano Fontana
CINEMA
The Chosen, un buon film con “provvidenziali” difetti
di Stefano Bimbi
STORIA
L’arte di morire si impara dai monaci
di Stefano Chiappalone
LITURGIA
Tutti i Santi in un solo giorno
di Calogero D’Ugo
TEOLOGIA
La giustizia è una virtù, parola di San Tommaso
di Miriam Savarese
Editoriale
Domande inevitabili
di Riccardo Cascioli
Più una parola diventa di uso comune per descrivere anche fenomeni diversi, più perde il suo significato originario, a maggior ragione se si riferisce al sacro e alla sfera religiosa. È il caso del miracolo. È una parola che viene usata, e abusata, per descrivere di tutto: l’impresa sportiva, i successi economici, i risultati politici, e così via. Anche in ambito ecclesiale tende ad allargarsi ad eventi straordinari, ma intesa sempre in senso generico, restando nell’ordine della natura.
Di pari passo si è perso il significato vero del miracolo, ovvero il segno con cui Dio interviene nella storia per rendere credibile la fede in Lui; con cui Gesù prova la sua divinità. È una perdita che appare evidente nella predicazione: quando la liturgia della Parola ce li presenta, spesso il prete li ignora oppure li riduce a qualcosa di puramente umano, a un artificio letterario degli evangelisti per spiegare un concetto: chi, ad esempio, negli ultimi anni ha mai sentito un prete riferirsi alla moltiplicazione dei pani e dei pesci come a un miracolo vero? Se va bene, ci viene spiegato che il vero miracolo è la condivisione tra i fratelli. Come se la semplice condivisione di cinque pani e due pesci che sfamano 5mila uomini con tanto di avanzi fosse più ragionevole e credibile di un intervento divino diretto che supera le leggi della natura.
La questione è che tale riduzione è figlia di un venir meno della fede, è figlia dell’incapacità di concepire lo stretto legame tra fede e ragione, per cui si oscilla tra fideismo e razionalismo. Lo dimostra anche la recente Nota vaticana sulle apparizioni mariane, che di fatto sancisce l’impossibilità di riconoscere la soprannaturalità di un fenomeno.
Ben venga dunque l’approfondimento di questo numero della Bussola Mensile dedicato proprio ai miracoli, e alla grande importanza che rivestono nella Rivelazione divina. Ma al riguardo mi permetto di consigliare anche la lettura di un vecchio romanzo, che ha quasi cento anni, dello scrittore scozzese Bruce Marshall: Il miracolo di padre Malachia. Laddove il protagonista, il padre benedettino scozzese Malachia Murdoch, non capisce l’incredulità dei suoi stessi confratelli sacerdoti e anche del vescovo, davanti al miracolo di spostare una sala da ballo dal centro di una città al picco di una montagna lontana alcuni chilometri. Come possono essere i sacerdoti – e più in generale i cattolici – così dubbiosi, quando spostare una sala da ballo è nulla in confronto a quel miracolo molto più imponente e umanamente impensabile che celebrano ogni giorno quale è la transustanziazione? O di fronte ai misteri dell’Incarnazione e dell’Immacolata Concezione, a cui diciamo di credere?
Sono domande semplici quanto inevitabili se vogliamo essere seri nella fede e con noi stessi.
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